Il diciottesimo Archetipo TSADE' funzione DIVISIONE

Tsadè ESCAPE='HTML'

Questo lavoro è nella prima parte una ricerca tratta da vari testi ed autori con l'aggiunta di ampie riflessioni personali, conseguenza del trovarci nella via ionica del viaggio fra gli Archetipi.

La parte finale è invece dedicata ai Maestri di Shamballah che grazie alle loro parole ampliano la nostra comprensione.
***

Il nostro cammino fra gli Archetipi ci ha condotti alla Tsadè, la diciottesima stazione.

Lettera Tsadè ESCAPE='HTML'

La sua funzione è quella di dividere, separare, tagliare, fendere, affettare, sezionare, falciare, recidere, spezzare, rompere, troncare, interrompere, impedire, abbattere.
Nel mito viene rappresentata dalle Moire greche che sono assimilabili alle Parche latine e alle Norne norenne.

Moire ESCAPE='HTML'

Avevano il compito di stabilire la durata della vita d'ognuno, mantenendo così l'ordine nell'universo.

Dovevano tagliare, delimitare, interrompere, fermare un continuum temporale.

I loro nomi erano Cloto,  deputata a svolgere il filo della vita, Lachesi, che determinava la durata della vita d'un uomo avvolgendo il filo in un fuso ed  Atropo, colei che tagliava il suddetto filo, ponendo fine a quella esistenza.

E' facile individuare in Atropo la rappresentante più evidente del nostro Archetipo anche se ognuna di loro è in realtà colei che divide, attraverso il filo, l'infinito senza tempo.

Il continuum temporale viene suddiviso in tanti istanti apparentemente separati l'uno dall'altro.

La vita eterna non è sperimentabile: l'Uno cosmico viene diviso in tanti “fotogrammi”, separati l'uno dall'altro e mantenuti divisi (dalla mente).

La Verità è unica ma per essere sperimentata si divide in vari aspetti.

Nell'antichità, la funzione espressa dalla Tsadè venne individuata grazie ai denti incisivi che tagliano, “incidendo”.

I primi arnesi di pietra creati per l'utilizzo di questa funzione erano infatti, l'esatta copia degli incisivi.

Si possono tagliare gli oggetti ma possiamo recidere le parole, i discorsi, i pensieri, persino le emozioni.

Gli Archetipi come abbiamo ripetuto molte volte sono funzioni, non possiedono “giudizio”.

E' l'uomo che  li ha spesso trasformati in armi potenti, pensiamo per esempio alla ghigliottina utilizzata per epurare la Francia dalla nobiltà.

Ghigliottina ESCAPE='HTML'

La lettera che a mio avviso corrisponde alla Tsadè è la S, diciassettesima lettera dell'alfabeto italiano, diciannovesima in quello latino e diciottesima in quello greco.

Corrisponde alla sigma dell'alfabeto greco.

Lettera S ESCAPE='HTML'

L'origine della lettera è molto controversa non essendosi potuto stabilire con sufficiente certezza, quale delle sibilanti fenicie fosse stata presa a modello.

Le ho attribuito questo posto fra gli Archetipi, discostandomi dall'idea di diversi autori, per due motivi: primo è una consonante cosiddetta sibilante ed è facile associarla al serpente che “ha separato” l'unità fra Adamo ed Eva.

La funzione della Tsadè è “separazione”, “divisione”  ed è quindi perfetta in questo contesto.

La lettera S inoltre, combinata ad aggettivi e sostantivi, indica mancanza, privazione ed infatti, come vedremo nel proseguo, la Tsadè permette di avanzare per sottrazione.

Esempio: leale E sleale
                 fiducia E sfiducia

La Tsadè ci fa entrare a pieno titolo nella nuova e rivoluzionaria scienza chiamata “geometria frattale”.

Perché ho abbinato i frattali alla FUNZIONE divisione?

Frattale deriva dal latino “fractus” e significa rotto, spezzato e venne coniato nel 1975 da Benoit Mandelbrot.

Mandelbrot descrisse alcuni comportamenti matematici che sembravano avere un comportamento caotico.

Un frattale è una figura geometrica dotata di “omotetia” interna: si tratta d'una trasformazione geometrica interna che permette d'ingrandire o ridurre una figura, lasciandone inalterata la forma.

Frattale ESCAPE='HTML'

Sono figure caratterizzate dal ripetersi sino all'infinito d'uno stesso motivo su scala sempre più ridotta.

Ingrandendo una qualsiasi parte dell'oggetto si ottiene una figura sempre differente ma simile all'originale.

La geometria frattale è una finestra aperta sulla IV dimensione: è un mondo infinito entro mondi infiniti.

I frattali sono considerati dalla matematica, oggetti a dimensione non intera ossia espressi da numeri frazionari ed irrazionali.

I Pitagorici quando individuarono i numeri irrazionali s'infastidirono al punto da mantenere segreta la loro scoperta.

La loro conoscenza si fermava al 12° Archetipo, alle forme tridimensionali e non potevano in alcun modo comprendere, con gli strumenti in loro possesso, le forme quadridimensonali.

I frattali possono essere rappresentati grazie all''uso del computer con un'equazione matematica iterativa, ossia che ritorna su se stessa includendo il risultato ottenuto nella successiva equazione.

La natura produce molte forme a struttura frattale: per esempio il cavolo.

Frattale cavolo ESCAPE='HTML'

Nell'abete ogni ramo è approssimativamente simile all'intero, nelle coste nelle immagini riprese con i satelliti, si nota che la struttura generale dei golfi più o meno dentellati, è molto simile.

Li troviamo nel profilo delle montagne, nelle nubi, nei cristalli di ghiaccio, in alcune foglie, nei fiori, negli ortaggi.

Anche nel DNA, poiché ogni cellula umana contiene le informazioni dell'intero organismo.

La coscienza è un frattale ma per “vederla”, ragione e sensi devono essere trascesi o con più esattezza, l'evoluzione dell'uomo deve aver superato le barriere dei limiti imposti dalla tridimensionalità.
Probabilmente saranno proprio i frattali che avvicineranno maggiormente l'umanità ai viaggi dimensionali: se l'uomo (ed ogni cosa esistente) esiste contemporaneamente nel luogo dove si trova ed in altre dimensioni infinite, il problema consiste nello spostare la coscienza attraverso dimensioni in cui lo stesso uomo è già presente.

E' evidente che deve trattarsi d'una coscienza multidimensionale.

La Tsadè rappresenta il numero diciotto.

Numero 18 ESCAPE='HTML'

Innanzi tutto notiamo che raffigura un “portale”, ossia la rappresentazione di un nove ripetuto due volte:  9+9 = 18.

Il nove rappresenta negli Archetipi il “privo di forma”.

Essendo ripetuto due volte è la manifestazione fisica d'una forma completamente rinnovata, grazie al percorso iniziatico  fra gli Archetipi.

E' la nascita d'un uomo nuovo, rinato perché il numero due, come spiegato nella canalizzazione “ cosa significa vedere numeri doppi”, rappresenta l'entrata nella dualità.

Entrare nella dualità significa affondare nel mondo della materia.

Il diciotto è la somma di due quadrati  3² + 3² ed anche in questo caso si nota la rappresentazione numerica d'un portale; attraversandolo si ottiene un salto quantico verso livelli sconosciuti.

Rappresenta il numero della bestia nell'Apocalisse di S. Giovanni perché
6 +6 +6 = 18

Analizzando questa configurazione numerica per mezzo delle nostre conoscenze sugli Archetipi, è facile comprendere il perché potrebbe diventare una trappola se il percorso iniziatico si fermasse a questo punto.

Il numero tre come sappiamo è uno spazio che rappresenta l'ideale non ancora concretizzato ma manifesto alla mente dell'uomo.
E' la regione delle idee, inaccessibile al mondo della forma concreta.

Il sei invece ha la funzione di congiungere gli opposti, come ben espresso dal nodo di Salomone.

L'Apocalisse di Giovanni cerca di darci un monito: “non rimanete ancorati alla dimensione interiore in cui il vostro percorso iniziatico vi ha condotti per riunire Materia e Spirito in un'unica forma.

Senza risalire dall'inferno in cui siete precipitati, tutto rimarrebbe vano, puro ideale”.

L'individuo raggiunge la maggiore età a 18 anni: è arrivato ad una completa formazione fisica e mentale e si appresta ad esplorare il mondo con maggior fiducia in se stesso.

18 anni ESCAPE='HTML'

In Astronomia Saros è un periodo di 6585 giorni, già conosciuto dai Caldei per predire il ritorno delle eclissi.

Si tratta d'un periodo di 18,03 anni che separa le due eclissi e che sopraggiungono esattamente nella stessa configurazione.

Alcuni astronomi oggi sostengono che il nostro Sole ruoti attorno alla stella Sirio, tesi sostenuta dai Sumeri.

Durante il periodo di rivoluzione del Sole , che durerebbe ottocentomila anni, la Terra si ritroverebbe diciotto volte allineata con il Sole e Sirio.

La passione di Gesù durò diciotto ore e nella Bibbia il numero 18 viene utilizzato ripetutamente.

L'alfabeto degli alberi utilizzato dai Druidi per le pratiche divinatorie aveva diciotto lettere.

Nella Cabala abbiamo 72 angeli così divisi: 18 trasmettono i loro poteri dall’elemento “fuoco”, 18 dall’elemento “aria”, 18 dall’elemento “terra” e 18 dall’elemento “acqua”.

Alice A. Bailey parla dei diciotto fuochi ossia dei 18 stati della materia che nel loro insieme costituiscono la personalità.

Nel bramanesimo diciotto sono le posizioni corporali della danza classica sacra.
Nella mitologia norrena Haldan ha 18 figli e Odino conosce le 18 cose.

Il Mahabharata indiano ha 18 libri e la preghiera ebraica Shemone Esre (in ebraico: "diciotto") in origine si componeva di 18 benedizioni.

I Sumeri, gli Assiri ed i Caldei consideravano i 18 anni come l'età idonea per deflorare le vergini ed avevano 18 calici con filtri magici posti sull'altare del tempio.

Questo numero viene associato ai filtri e sortilegi da Eliphas Levi.

Anche per gli Ebrei i 18 anni erano l'età in cui i giovani dovevano conoscere i segreti del talamo nuziale.

Per i Sufi è un numero sacro tanto che quando vengono ospitati è loro uso portare regali multipli di 18.

L'Islam tiene in grande considerazione il numero 18 e parla di “effetto specchio” grazie al quale si manifestano i 99 nomi di Allah.
                       18 = 9 + 9    ***   81 = 9 x 9   ***   18+81 = 99
Ed infine in chimica 18 colonne formano la tabella periodica degli elementi chimici.

 

Passiamo all'alchimia.

Il diciassettesimo Archetipo, la Phe, ci aveva introdotti grazie all'ermetismo, nella fase della Grande Opera, chiamata Albedo.

Ricordo che la Grande Opera è un lavoro che un uomo compie, trasformando gradualmente se stesso per divenire un Essere illuminato.

Mira a far risplendere completamente il suo Spirito al di là della materia che lo riveste.

L'Albedo od Opera al Bianco vede il nostro Alchimista intento a purificare la sostanza di cui è fatto, sublimandola.

Nel profondo di successive crisi psicologiche e di vita, avvengono cambiamenti positivi.

E' ormai entrato in possesso d'una preziosa verità simbolica (argento) ma che non manifesta ancora l'ideale supremo del puro oro filosofico, che avverrà nella successiva trasmutazione (Opera al Rosso).

Gli uomini  vedono e sentono con i propri desideri, i quali nascondono Dio.
In questa fase, l'Alchimista vede cadere uno ad uno i propri desideri, come dei veli che celavano la Verità Uno.

Albedo è la scoperta della natura ermafrodita dell’uomo, quando maschio e femmina sono uniti si ha l’esperienza del vero Sé.

ermafrodita ESCAPE='HTML'

Il conscio e l’inconscio sono  un'unica cosa.
La Sorgente è una, maschio e femmina.

A questo stadio l'Alchimista ha compreso perché sta vivendo, ha scoperto che la Sorgente della Vita è dentro di sé, ha trovato la “giovinezza eterna” narrata in tanti miti.

E' una netta divisione, pienamente consapevole, col resto del mondo, con il suo passato, come un ramo che cresce diverso, eppure appartenente allo stesso albero.

Nella massoneria la Tsadè ci porta ad un punto in cui i Maestri viaggiano non più isolati come gli Apprendisti ed i Compagni, ma in gruppo prestandosi aiuto reciproco.
Essi esplorano il mondo sublunare alla ricerca dei resti di Hiram.

massoneria e Tsadè ESCAPE='HTML'

La Luna simboleggia l'immaginazione, le apparenze, l'illusione, l'influenza lunare attiva.

Da degni Figli della Vedova, s'ispirano al tempio di Iside percorrendo tutta la terra per raccogliere i frammenti sparsi del corpo di Osiride ossia per fare rivivere la tradizione raccolgono con cura ciò che ne sussiste sotto forma di leggende, riti incompresi e superstizioni.

Il 18° grado della massoneria è conosciuto con il nome di “Cavaliere dell'Aquila” ed è collegato all'Albedo.

Dalla massa informe, divenuta grigia per le operazioni alchemiche precedenti, appare all'Iniziato la vista della propria Anima, della Colomba Bianca

Il 18° grado rappresenta l’unione dell’Anima Mundi con il sè individuale.
Nell'ebraismo Tsadè  rappresenta l'ombra, la lancia, la falce, la faccia di una cosa, il lato, una parte.
E' il compimento spirituale supremo, l'uomo la cui testa si trova in Paradiso, fra le stelle.

E' il giusto colui che non ha mai abbandonato la retta via ed è arrivato ad un'esperienza diretta dello stato mistico.

Rappresenta il maestro spirituale che concentra la sua sapienza in piccoli semi che sparge attorno a sé affinchè fruttifichino.

Forma della Tsadè ESCAPE='HTML'

La lettera proviene da antichi utensili per tagliare.

Come immagine simbolica significa il traguardo da tagliare, il termine al quale tendere.

E' il punto in cui qualcosa, una vicenda, un periodo, una vita, una dimensione, si risolve e comincia ad assumere nuovi significati o direzioni.

Rappresenta il potere di distruggere il passato senza paura, perché l'uomo della Tsadè ha completa fiducia in Dio.

A tal proposito è stupenda la storia di Abramo e Sara descritta nella Bibbia.

Gli Elohim annunciarono alla coppia, che aveva ormai superato i novant'anni, che avrebbe generato un figlio.

Abramo pensò: “Stavolta YHWH l'ha davvero sparata grossa”.
Sia Sara che Abramo risero di fronte a questa prospettiva tanto che YHWH si risentì un pò per i loro dubbi.

Sara comprese di avere riso perché aveva paura.
Aveva paura che potesse essere vero ciò che più desiderava, dopo una vita di sterilità.
Aveva paura di credere ai miracoli.

Il riso nasce da qualcosa che è in grado di sorprenderci.
E questo qualcosa si raggiunge solo quando l'uomo si abbandona alla Fonte, a Dio, alla Tsadè.

E allora ride e quel riso è una manifestazione di libertà.

E' l'uomo che ha compreso che esistono infiniti futuri e che tutti esistono contemporaneamente.

Gli antichi cabalisti e i fisici di oggi concordano nell'esistenza degli universi paralleli.

Secondo la Cabala gli universi diventano progressivamente più ordinati, raggiungendo alla fine un mondo paradisiaco.

Ogni universo rappresenta una versione migliore della nostra vita e qui non possiamo non ricollegarci alla geometria frattale, che proprio questo rappresenta.

Per la Ghematria la Tsadè rappresenta il numero novanta.

Ricordiamo che il nove significa “luce nascosta” e per la Cabala ogni quadrato è inteso come la manifestazione massima di tutte le qualità del numero di base.

Novanta è l'età in cui l'individuo è completamente e continuamente assorbito nella visione di Dio.

Con questa lettera termina il numero delle decine e le centinaia rappresentano un nuovo mondo.

Un nuovo piano della spirale ascendente è stato raggiunto.

Siamo giunti alla diciottesima stazione dei Tarocchi, dove ha dimora
“La Luna”.

Tarocci La Luna ESCAPE='HTML'

L'uomo che ha introiettato questa Lama è arrivato a comprendere di essere il piccolo creatore della sua vita, l'osservatore.

L'osservatore è rappresentato dal gambero, che nel nostro caso è l'Iniziato.

Il crostaceo si trova fuori dall'acqua ad indicare che sta uscendo dal mondo dell'inconscio in cui si era immerso volontariamente per purificare se stesso.

E' fermo ed osserva in modo vitale, consapevole, come indica il colore rosso della sua corazza, il mondo dell'inconscio, la multidimensionalità.

Ci accorgiamo che tutti gli elementi presenti nella Lama possiedono un significato negativo, passivo, femminile:

1. la notte (ciò che non si conosce)
2. il gambero (che per avanzare deve procedere a ritroso)
3. un sentiero senza fine (l'assenza di limiti).

La Luna inoltre, rappresenta l'archetipo femminile materno per eccellenza, la Madre Cosmica.

Le sue qualità fondamentali sono la ricettività (infatti la Luna riflette la luce solare) ed il mutamento (espresso attraverso le sue fasi crescenti e calanti).

Viene rappresentata da un volto serioso che guarda a sinistra, quindi al passato.

Attorno ad essa abbiamo le lacrime che provengono dalla terra e viaggiano in senso inverso.

E' importante comprendere questo punto: “le lacrime, il dolore” ci dice questa Lama “ provengono dal modo in cui l'uomo guarda ciò che io rappresento”.

“Io rappresento il polo negativo del mondo, il Velo di Maya e se mi guardi con gli occhi della dualità vedrai in me dolore, separazione, divisione”.

Abbiamo inoltre due torri ( simbolo dell'ego) e due cani (ragione e l'intuizione) che si fronteggiano: indicano la necessità di unificare ciò che è separato per sopravvivere in questo paesaggio sublunare.

La Lama è un concentrato di simboli negativi, yin.
E' come se si dovesse avanzare per sottrazione e per diminuzione.

Rappresenta la comprensione profonda del “concetto” di mutazione delle forme.

Siamo entrati nel regno del caos e senza iniziazione, che dona la giusta consapevolezza all'osservatore, è impossibile incontrarlo restandone immuni.

La Lama ci conduce nelle profondità infinite del nostro mondo interiore e quindi nel mondo delle immagini dell'anima, dei sogni, dell'immaginazione.

Rappresenta l'uomo che si era identificato nell'effetto invece che comprendere di esserne la causa.

Comprende che la sua divisione è illusione, che ciò che crea è ciò che lui stesso pensa.

Ciò che vede all'esterno è ciò che ha creato lui stesso attraverso le immagini astrali che si sono impresse nella bobina magnetica astrale che gira incessantemente.

Sono le forme della propria immaginazione che vede proiettate nello schermo della vita e che sono tutto ciò che egli pensa di essere.

E' infatti la piena comprensione del “togliere, dividere, spezzare”, che sono le funzioni della Tsadè, che la Lama ci vuole raccontare.
La Lama rappresenta le molteplici “possibilità” della forma attraverso la divisione dell'Uno.
Di più, c'indica anche dove troviamo questa possibilità di creare, ossia nel polo negativo che in virtù dell'assenza di forme dà la possibilità di generarne di nuove.
E' nella comprensione della natura stessa del vuoto e del femminile, che si può comprendere il significato di “creazione”.

Essa, dietro lo specchio nel quale abbiamo adattato il nostro mondo conscio alla necessità di sicurezza scaturita dalle nostre paure interiori, ci permette uno sguardo nel regno dell'inconscio, dove ci guardano i nostri desideri ed i nostri abissi.

Tutte le forme mutano continuamente in un gioco di specchi, ci dice la Lama e l'uomo per difendersi da questo mondo illusorio, ha alzato dei muri  per proteggersi da ciò che gli appare caotico.

Nello stesso tempo non riesce ad avanzare proprio a causa di questi vincoli
auto-imposti.

Rappresenta la paura, il motivo per cui è nata.

L'Iniziato si trova faccia a faccia con tutte le paure del mondo, con la sua stessa paura.

L'Adamo terrestre, creato ad immagine dell'Adamo celeste è destinato a risollevarsi dalla caduta che lo ha sottomesso alla schiavitù materiale.

Questa redenzione ci appare nell'ultimo ternario( Lame 19, 20 21).
Il mondo non esiste come forma specifica, esiste in potenza.

L'Iniziato diventa consapevole che il mondo interiore, che spaventa l'uomo perché non conosciuto, è in realtà in mano sua, è la chiave che gli permette di creare ciò che vuole.

Se questo mondo non avesse tutti i simboli della dualità, femminili, concentrati in sé, non darebbe spazio alla creatività.

In questa Lama si ha una visione d'insieme dell'alleanza con Dio e con il Creato.

La Runa che rappresenta la Tsadè è Algiz.

Algyz ESCAPE='HTML'
Algyz ESCAPE='HTML'

La sua forma è simile ad un fiore aperto per ricevere il Sole (d'altra parte Sowilo, il Sole,  è la Runa che segue nel Futhark).

E' la Runa che ricongiunge le energie individuali a quelle universali, è la convergenza con il piano divino e la conseguente attivazione del Sé Superiore.

La persona che incarna Algiz vive in una dimensione sacra e per questo benedetta e protetta dal mondo superiore.
Algiz è collegata al concetto di sacro, di inviolabile , di separato perché ciò che è stato offerto al Divino non appartiene più a questo mondo.

Difatti il primo significato di Algiz è protezione.
Rappresenta la purezza di una forma, l'incontaminazione, la fortuna e la pace.

E' l'uomo che guarda in faccia le proprie paure e grazie al collegamento con il piano divino, trova il coraggio di superarle.
 

Osho infine ci parla della Tsadè in questo modo:

“Quando una goccia di rugiada cade a terra è un momento prezioso ed intenso.

Arrendendosi alla gravità e scivolando dalla foglia, la goccia perde la propria precedente identità.

Possiamo immaginare che prima di cadere abbia tremato, sospesa sul limite della soglia tra conosciuto ed inconoscibile.

Se qualcosa si conclude significa che è completo.

Può trattarsi  d'un lavoro, d'una relazione, di una casa che si è amato, qualsiasi cosa ti abbia potuto aiutare a definire chi sei, arriva sempre il tempo di lasciarla andare.

Concediti qualsiasi tristezza tu possa sentire ma non aggrapparti al passato.
Qualcosa di più grande ti aspetta, ci sono nuove dimensioni da scoprire.

Quando avrai superato il punto di non ritorno sarà la gravità a compiere tutto il lavoro.

Aggrappati a lei, rappresenta la liberazione”.

 

Shamballah

Shamballah e Tsadè ESCAPE='HTML'

Il diciottesimo Archetipo è una porta che vi permette di entrare a pieno titolo nella comprensione del concetto di “creazione”.

Avete ormai raggiunto, approdati a questo stadio, un livello avanzato di comprensione delle Leggi che determinano l'esistenza della materia e sapete che nulla può accadere senza un continuo scambio fra le polarità.

La Tsadè rappresenta la concretizzazione della comprensione di mutazione di una forma, dei meccanismi con cui possono avvenire questi continui scambi.

Il vuoto generato dalla separazione d'una precedente struttura, determina la crescita di altre forme.

Sono dimensioni entro dimensioni entro dimensioni e tutto questo accade perché la Tsadè permette, interrompendo i limiti di una forma, l'espansione in altre direzioni.

Pensate ad un albero che crescendo, si divide continuamente in tanti rami.
Potete forse dire che quei rami non appartengono all'albero, che sono separati?

E' la Tsadè che ha permesso loro di esistere attraverso la divisione da un precedente stato.

La medesima cosa accade nella vita di tutti voi: per avanzare continuate a separare le cose, i pensieri, le idee, gli eventi della vostra vita.

Non si tratta di separazione ma di inclusione.
Sottrarre significa nella creazione, dare origine a nuove forme.

Il diciottesimo Archetipo rappresenta  il ritorno di un individuo a “Casa”, all'Unità.

A questo punto l'Iniziato è completamente cosciente dell'esistenza del suo Sè Superiore, del suo alter ego che ha sempre operato nell'ombra, ma che è stato sempre presente.

La Tsadè è il riflesso: come in un caleidoscopio le forme che vedete e che sono prodotte dal vostro pensiero, si riflettono nella regione astrale.

Diventano ciò che voi chiamate realtà e che invece, costituisce solo l'effetto.

Siete la causa di tutto, siete la Verità.
Siete gli Archetipi nel loro insieme.
Siete Tutto.